13 Reasons Why: la recensione della soundtrack dell’omonima serie.
Netflix è diventato il generatore di intrattenimento numero uno della nostra generazione. Azione, musica, mistero, ci sono tutti gli ingredienti per soddisfare il maggior numero di palati possibile. Netflix è anche un tipo di intrattenimento che compiace il suo spettatore, perché è tutto materiale di altissimo livello, di qualità eccellente e che con pochissime eccezioni tratta il pubblico come esseri senzienti e critici.
Con alle spalle decine di successi, la piattaforma può ora permettersi di produrre serie e film che possono osare, provare a stimolare lo spettatore in zone della coscienza non facili da mettere a nudo e pericolose se si cerca un consenso unilaterale e incondizionato.
Ci avevano già provato con il controverso “The OA” e rincarano la dose con l’ultimo caso: “13 Reasons Why” (“Tredici”, in italiano). Caso perché nonostante il tema spinoso in America come in tutto il mondo occidentale, la serie ha avuto successo e riscosso pareri positivi anche se, come per ogni argomento controverso, ha anche creato parecchi malumori e frizioni. “13 Reasons Why” parla di bullismo e di adolescenza, partendo da un presupposto che è come un macigno e sviluppandolo attraverso un’idea strepitosa.
Tratto dal libro, ”13” di Jay Asher, la voce narrante è di Hannah Baker, che ci accompagna attraverso i corridoi e i cortili di un liceo di provincia americano spiegando come ogni frizione, ogni emozione tra le migliaia che si affrontano quotidianamente in quel non luogo sono il battito di ali di un effetto farfalla che può avere come conseguenza un uragano distruttivo. Hannah Baker si è suicidata e questa è la premessa scomoda e sconvolgente di “13 Reasons Why”.
L’impianto narrativo è molto affascinante. Hannah lascia alla comunità sette nastri dove spiega perché e chi è responsabile della sua decisione estrema. Sette nastri, tredici lati che accompagnano lo stravolto Clay, amico (e forse non solo) della compianta Hannah all’interno del mondo del liceo, un microcosmo dove tutto è fatidico, importante, da una lista a un commento, a un’amicizia finita o un amore che nasce, dove i rapporti con i genitori si infrangono come lontane onde di risacca. Tutto in “13 Reasons Why” è estremizzato fino al livello della patologia, dal sorriso mancato all’incomprensione davanti a una cioccolata calda, perché questo è l’effetto della pentola a pressione rappresentato dall’adolescenza.
Netflix ci ha abituato a condire i suoi prodotti di musica di livello, perché sa benissimo che la musica è un deus ex machina della storia. Spesso la asseconda, carica di atmosfera snodi di trama e li rende indimenticabili. La musica prende un sorriso, un bacio, una sfuriata amorosa e la porta a braccio fino a zone della nostra coscienza profondissime, le tiene lì in quell’utero caldo fino a quando quella stessa musica non decide di riportarla in superficie facendoci riprovare le medesime emozioni. Perché la musica è l’unico teletrasporto e l’unica macchina del tempo che esiste.
Così la colonna sonora di “13 Reasons Why” non è un semplice tappeto sonoro per riempire silenzi tra i dialoghi. Ogni canzone è una cornice ai messaggi di cui la serie è pregna e la scelta dei pezzi è funzionale alla storia. Ripensando agli snodi narrativi ci si ricorda il luogo in cui si svolgono, i personaggi al centro della vicenda, e la canzone che la accompagna.
Il racconto di Hannah è registrato in musicassette, e il protagonista Clay è costretto a recuperare un cimelio dei tempi andati per ascoltarle, un walkman (trovato per caso? Chissà). Questo uso di feticci dal passato è un chiaro messaggio, gli anni ’80 sono ancora qui. Il tema è attualissimo, il bullismo e gli spettri della comunicazione social sono al centro del racconto, ma il tutto è letto attraverso un filtro color neon che rende il tutto più epico, più immobile nel tempo. Ricordiamo alcune colonne sonore di successo dal sapore anni ’80, quella della serie di successo Netflix per eccellenza “Stranger Things” e la “Awesome Mix” di Guardiani Della Galassia, quella dell’episodio perla di Black Mirror “San Junipero”.
È inevitabile pensare al predecessore di tutte le storie di problematiche adolescenziali, “Donnie Darko” e non è certo un caso che ben due pezzi coincidono tra le due colonne sonore, l’immancabile “Love Will Tear Us Apart” dei Joy Division e “The Killing Moon” degli Echo And The Bunneyman qui in versione rivisitata elettronicamente dai Roman Remains.
Molte cover, tra cui quella degli Yazoo “Only You” da parte di Selena Gomez in veste non solo di performer ma anche di produttrice della colonna sonora (anche qui un testa coda anni ’80 / contemporaneità vertiginoso), la bellissima “Hey Hey, My My” di Neil Young, qui “Into The Black” dei Chromatics che segue il paradigma di successo ‘cover eterea’ di canzone famosa. Grandi successi degli anni ’80 nudi e crudi senza rivisitazioni come “Fascination Street” dei Cure, “The Stand” dei The Alarm e “The Walls Come Down” dei The Call.
“13 Reasons Why” è soprattutto una serie sui giovani di oggi, non dimentichiamolo, e l’indie rock è di certo un genere che non si può trascurare, e non lo fa nemmeno questa colonna sonora regalandoci la bellissima “The Night We Met” di Lord Huron, una ballata tra i The National e il materiale solista di Brian Fallon dei Gaslight Anthem.
La colonna sonora fa quello che fa la visione di “13 Reasons Why”, fa sanguinare e fa lacrimare in un turbine di bellezza che ci veste come un sudario. Una discesa in acque fredde e scure, che ha il sapore metallico di un dolce annegamento.