Partire prevenuti nel recensire il disco di Briga potrebbe essere facile. Dopotutto incarna il binomio rapper e Amici, che in tempi recenti ha dato vita a uno dei fenomeni più molesti del mercato discografico italiano. Eppure, messi da parte pregiudizi da liceali sul fatto che chi viene dalla televisione è per forza una merda, alla fine dell’ascolto di “Never Again” tocca essere molto più morbidi. Quello del secondo classificato ad Amici è infatti meglio di molti album hip hop in circolazione in Italia in questo momento. Anche se, va aggiunto, il momento in questione vede una media qualitativa molto bassa.
Nelle tracce di “Never Again” Briga riesce infatti a trovare un suo stile definito, un rap melanconico che tende alla melodia, che sviluppa in maniera decorosa dall’inizio alla fine. Uno stile costruito su pianoforti struggenti e chitarrine furbette, che trova in un brano come “Non più una bugia” il suo modello ideale.
Ma non bisogna nemmeno scomporsi: nel complesso, infatti, Briga pecca di prevedibilità, tanto che la struttura della maggior parte dei brani risulta intuibile già dalle prime note, senza contare che il flow di Matteo, quando non rasenta il parlato, risulta comunque piuttosto macchinoso. E in “Giunto alla linea – Indietro”, in cui ha l’occasione di giocarsi un super ospite come Tiziano Ferro, finisce per esserne inesorabilmente eclissato, riducendosi a una sorta di sottofondo.
A essere più convincenti sono quasi i brani dove Briga si fa più cantautore, come “Dicembre Roma”, che tutto sommato potrebbero indicare un’interessante direzione per il futuro. Tirando le somme, un disco non molto innovativo, ma che non fa del male alla musica.