[Pop/Rock/Leggera] Altri album da segnalare… (2006)

 

La musica italiana mainstream non ha offerto momenti indimenticabili in questo 2006, pochi dischi davvero godibili dall’inizio alla fine, la solita tendenza al nottambulismo musicale e la ricerca del massimo risultato con il minimo sforzo. Qualcosa che si erge dal pattume c’è, vediamo di trovarlo anche se non sarà un’impresa facile. Per inciso, non siamo sostenitori dello sconosciuto e dell’elitario a tutti i costi, semplicemente siamo consapevoli che per ascoltare musica basta scaricare il singolo e guardarsi il video, per vivere la musica serve ben altro, a volte anche gli eroi sbagliano disco, ciò non significa che non gli vorremo più bene o che ascolteremo solo noise

 

 

Cominciamo con “Pane, Burro E Medicine“, ritorno di Omar Pedrini, che salutiamo convinti intanto per quello che ha passato che esula dal mondo della musica. Quindi, parlando della release, diciamo che l’onesto pop/rock miscelato all’elettronica porta a nove brani di facile assimilazione, a una serie di testi solo superficialmente leggeri e a un’identità che è ancora in fase di stabilizzazione. Anni di rock con i Timoria e una maturità artistica personale che va definendosi portano a qualche contraddizione nel sound di Omar, che con i prossimi dischi potrà dirci cosa vuole fare davvero da grande! Per ora, bentornato!

Arrivato verso fine anno, avrebbe probabilmente meritato una recensione singola il nuovo de Le Vibrazioni. “Officine Meccaniche”, se lasciate da parte gli orribili singoli per radio e tv, è un disco interessante, sicuramente il più sinceramente seventies dei ragazzi. Dal vivo sembrano un altro gruppo, fossero in un altro paese avrebbero avuto magari meno successo coi pezzi babbi e maggior notorietà grazie al rock ispirato agli Zeppelin. Menzione dovuta comunque, chissà che un giorno non decidano sul serio di fare ciò che sanno e che presumibilmente amano lasciando un po’ da parte il biz…
Passiamo a Dolcenera, tornata in auge dopo Music farm (una delle più immonde minchiate mai partorite dalla tv di stato) e dopo un Sanremo vissuto da protagonista. La cantante è uno dei tantissimi casi in cui una voce potenzialmente grandiosa, deve essere rinchiusa all’interno del rigido cerchio della musica leggera nazionale, che significa utilizzarla per cantare banalità senza esprimerla come si potrebbe in un contesto più libero come il rock o il soul ad esempio. L’album “Il Popolo Dei Sogni” è un disco nella media, che non passerà alla storia anche grazie ai limiti del genere in cui però evidentemente l’artista si trova bene. Poi, ripetersi non va bene ma, qualche brano in più inedito sarebbe stato più gradito. Inespressa, per ora.
Mietta invece ritorna con “74100“, cap della sua città di Taranto, in un modo silenzioso, dato che la promozione per lei è stata piuttosto anonima, ma fragoroso a giudicare dal disco. Un prodotto onesto, cantautoriale e ben composto, da un’artista che meriterebbe qualche attenzione in più visto che ha già una certa carriera alle spalle. La voce è quella dei bei tempi e il cd scorre piacevolmente dall’inizio alla fine, anche grazie alle diverse mani (Neffa, Mario Venuti,…) che hanno collaborato con la cantante del Sud. Promossa e gradita sorpresa.
Samuele Bersani si ripresenta sul mercato con “L’Aldiquà“, due anni dopo il precedente sforzo discografico. Le tematiche affrontate dall’autore sono il centro ideale del disco, che diventa sempre maggiormente profondo, malinconico e sentito col passare delle tracce: guerra, precariato, insicurezze assortite, tutto questo fa parte di un lavoro non immediato che richiede più tempo del previsto per essere correttamente assimilato. Bersani si conferma un bravo cantautore e, ora come ora, una delle poche figure valide del cantautorato italiano.
Sguardo Contemporaneo” invece è un nuovo lavoro di Bugo, autore che partito dall’indie è ora una delle voci più alternative e meno indirizzate della Universal. L’ultima fatica prende un po’ le distanze da quella precedente, ha meno spunti d’interesse e risulta essere molto eclettica (forse troppo) nel quadro delle composizioni presenti. Forse per la prima volta Bugo ha tolto, anche se leggermente, il piede dall’acceleratore della sperimentazione, ci sono ancora qua e là deliri demenziali ma è evidente che l’autore è maturato ed è meno lanciato di prima. Il disco è comunque godibile, anche se c’è qualche calo di tensione di troppo.
Buono invece il nuovo NomadiCon Me O Contro Di Me“. Musicisti navigati che continuano a dispensare a intervalli quasi regolari musica di qualità, i Nostri non si smentiscono con quest’ultimo lavoro, che aveva portato a Sanremo il primo singolo “Dove si va”. 10 pezzi suonati col cuore e con la solita professionalità, che sanno qua e là di già sentito ma è comunque un già sentito “da loro” che fa stare tranquilli e consegna un altro prodotto coerente e fedele alla tradizione di una band indispensabile per la storia della musica italiana.
Ritorno invece sorprendente per Fiorella Mannoia, autrice di un disco dedicato alla musica brasiliana. L’interprete italiana ha da sempre avuto un debole per questo tipo di sonorità, ma non pensavamo avrebbe mai considerato l’ipotesi di registrare un album tematico così sentito. I duetti con le personalità di spicco (Caetano Veloso e Milton Nascimento tra gli altri, giusto per citarne un paio) sono l’asse portante del cd, che è sicuramente originale ma rischia di essere troppo pesante per chi non è appassionato di musica a certe latitudini. Un prodotto comunque originale, coraggioso e ben interpretato.
E’ ora la volta di Giovanni Allevi: “Joy” è il nuovo album di un artista che è in progressiva ascesa. L’autore ama definirsi un ‘compositore di musica classica contemporanea’, un caso abbastanza raro effettivamente di un musicista che propone brani classici per pianoforte che vengono apprezzati dagli amanti del pop. L’album sta tuttora incontrando un successo molto ampio che non farà altro che aumentare le attese su un musicista che come pochissimi altri coniuga il mondo classico a chi abitualmente ascolta tutt’altra musica.
Restiamo un attimo nel campo classica per salutare l’uscita del nuovo dvd+cd di Andrea Bocelli, una delle voci più apprezzate e famose nel panorama della lirica, che con “Under The Desert Sky” presenta il primo “pop” concert del celebrato cantante. Il tutto è stato eseguito presso Lake Las Vegas e nel package trovano spazio anche duetti con Stevie Wonder e Katharine McPhee.
Arriviamo alla fine della nostra carrellata con “Bau“, nuovo disco di Mina. Il nome basterebbe e non sarebbe necessario aggiungere altro. Lo facciamo perché è vero che verso chi ha scritto pagine indimenticabili della nostra musica, dobbiamo solo toglierci il cappello, però è anche vero che non dire che il nuovo lavoro è davvero piatto con poche eccezioni (ottime invero) non faremmo fino in fondo il nostro “dovere”. Nel finale in “Datemi della musica”, e all’inizio in “Mogol Battisti”, c’è tutto quello che sarebbe sufficiente ascoltare, grazie anche a un Mingardi ispiratissimo che, nel primo caso, rispolvera un brano di 30 anni.
Rapidamente citiamo per dovere di cronaca, l’esponente massimo della “neomelodica napoletana” [. . ., ndr] Gigi D’Alessio che con “Made In Italy” ci conferma d’aver trovato la chiave per il successo: amore, napoletanità, promozione massiccia, lacrime. Come? Funziona da sempre? Sì ovvio, è per quello che non diciamo nemmeno una parola in più. Viva l’Italia! [lui comunque ha ragione e fa benissimo, ndr]

Ps: dimenticavo, ci sarebbero anche i due nuovi singoloni dei nuovi protagonisti della leggera italiana, gli Zero Assoluto, e anche la collaborazione con la Furtado che…che…no dai, non ce la faccio.

I.P.

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