Evanescence – Synthesis

Il quarto disco in carriera degli Evanescence arriva con un intento ben preciso: dimostrare una volta per tutte che la dimensione migliore per la splendida voce di Amy Lee è quella orchestrale, senza chitarre distorte e ritmi folli. “Synthesis” è perciò, come suggerisce il titolo stesso, una sintesi ideale del percorso artistico della band statunitense.

Infatti, quasi tutti i brani che compongono la nuova fatica degli Evanescence (eccezion fatta, per esempio, per la conclusiva “Imperfection”) sono tutte rivisitazioni di pezzi già noti della discografia dei Nostri, riletti in chiave sinfonica. Si parla (per utilizzare un termine tanto di moda di questi tempi) di canzoni “re-immaginate” secondo una nuova sensibilità. Il sound quindi, che si avvale di elementi orchestrali e sfiora spesso e volentieri il dark pop, conferisce ai successi della band della Lee una veste decisamente più epica e drammatica, a tratti melodrammatica se proprio vogliamo essere sinceri (vedi “My Heart Is Broken” o “My Immortal”).

Ma le note dolenti non stanno solo nella durata complessiva di “Synthesis” (che sfora i 60 minuti), ma anche nell’utilizzo a volte un po’ troppo forzato dell’elettronica, che diciamolo, in certi casi c’entra come i cavoli a merenda (ascoltate per credere “Imaginary” o “Your Star”).

Sta di fatto che “Synthesis” è un disco che spaccherà l’opinione dei fan degli Evanescence, pur rivolgendosi esplicitamente a loro. E se da un lato sembra realizzato furbescamente ed esclusivamente per il tour orchestrale con il quale la band toccherà anche l’Italia, dall’altro è uno spiraglio aperto sul futuro di Amy Lee e soci, nel quale di rock, possiamo starne certi, ne vedremo molto poco.