The Heavy Countdown #51: Light the Torch, Napalm Death, Escape the Fate, Blessthefall

Light the Torch – Revival
Un disco completo, così come lo è Howard Jones. I Light the Torch (sono sempre i Devil You Know, ma con un nome diverso in seguito a beghe legali) si focalizzano maggiormente sulla melodia e sui refrain impossibili da dimenticare troppo in fretta, il che vuol dire sui clean vocals del colossale cantante (quasi tutti i brani di “Revival” sono potenziali singoli). Ma non mancano i momenti di cattiveria dura e pura, in stile hardcore fino al midollo (“The Sound Of Violence”). Se non la migliore prova in assoluto di Jones, una delle meglio riuscite della sua carriera, e un album che si ricorderà con immenso piacere tra le uscite metalcore top del 2018.

Press To MECO – Here’s To The Fatigue
Riff e ritornelli memorabili, un mood positivo e frizzantino, come l’aria di questa primavera che stenta ad arrivare. “Here’s To The Fatigue” è talmente genuino che sembra registrato live, senza ausili tecnologici di sorta, ma è un lavoro che in realtà cela uno studio minuziosissimo dall’inizio fino alla fine (ascoltate “A Quick Fix” per un compendio breve ma esaustivo di quest’opera). Niente di nuovo sotto il sole, sia ben chiaro, ma nel caso dei Press To MECO, sono la passione e la fede in quello che stanno facendo a fare la differenza. Alt-rock di qualità.

Gost – Possessor
Che vogliate considerarlo black metal ispirato alle soundtrack di Stranger Things o Blade Runner (con vocals che sembrano una versione parecchio malata di Michael Hutchence), oppure la colonna sonora di un qualche film sull’esorcismo di terz’ordine, ma narrato dal punto di vista per una volta del demone e non del sacerdote, con il nuovo album dei Gost si vince facile. Perfetto per metallari con velleità gabber, o per discotecari che vogliono fare i poser. In ogni caso, un disco che merita a pieno titolo le prime posizioni della nostra Heavy Countdown.

Coilguns – Millennials
Il motto dei Coilguns era “fast, simple music”. Ora, arrivati al secondo e lungamente atteso lavoro, i Nostri mantengono in parte fede a questa dichiarazione di intenti. Musicisti con una lunga esperienza alle spalle (alcuni di loro hanno militato nei The Ocean), dal talento non confinabile a un’unica band (tanto che non si contano le miriadi di side project in cui sono impegnati), i Coilguns fanno sì musica schietta e veloce, ma in un crescendo non convenzionale e sempre più disturbante fino al finale, toccando noise, post-metal e mathcore. Avercene.

Will Haven – Muerte
Si possono limare e incollare insieme sludge e metalcore, tanto da funzionare come per magia in qualche modo, come il giorno e la notte (o come le due mani di colori differenti che cercano di toccarsi sulla copertina di “Muerte”)? Evidentemente sì, se i Will Haven ci sono riusciti, aggiungendo anche una buona dose di synth atmosferici. Il loro intento di fondere i due sottogeneri è anche fin troppo efficace, tanto (e questo è uno dei pochi punti dolenti di questo disco) che spesso non ci si accorge di quando finisce un pezzo e inizia il successivo. Ma la materia prima è ottima, e c’è anche Stephen Carpenter dei Deftones a dar man forte in “El Sol”.

Napalm Death – Coded Smears and More Uncommon Slurs
I Napalm Death hanno bisogno di poche presentazioni. E “Coded Smears and More Uncommon Slurs” è l’ideale per gli hardcore fan della band, e non per chi vuole iniziare a buttarci l’orecchio (infatti questa raccolta contempla solo uscite dal 2004 in poi), in quanto, come tutti sanno, nel corso degli anni i ND hanno ripulito di molto sia la produzione che il songwriting, per l’estremo disappunto dei puristi. Una compilation di 31 pezzi tra rarità e b-side, per una durata totale di oltre un’ora e mezza. Il divertimento più grande è indovinare a intuito a che anno risale ogni brano (vi assicuro che non è poi così difficile).

Escape the Fate – I Am Human
Onore agli Escape the Fate, che nonostante siano ormai quasi tutti ultratrentenni, continuano a produrre musica da adolescenti. Non sono ironica una volta tanto, e penso che rispetto al precedente “Hate Me”, il tentativo dei Nostri di rincorrere il ritornello catchy perfetto riesca decisamente meglio (vedi “Do You Love Me”). Non manca l’ispirazione derivata da altre band, a partire dall’impronta più radiofonica in stile Papa Roach (“Broken Heart”) fino a quella più heavy alla Avenged Sevenfold (“Digging My Own Grave”), ma siamo sicuri che nel 2018 ci sia ancora spazio per questa roba, se non nel cuore di giovani curiosi e “vecchi” nostalgici?

Tapestry – Ghost Of Me
Ascoltando gli esordienti Tapestry, la prima idea che mi è balzata in mente è stata di trovarmi di fronte a una versione molto più emotiva dei Novelists. Dati anche i testi, e il simil-concept su una relazione andata a male, a mio avviso il growl in questo EP è più che evitabile, non essendo neanche troppo incisivo e un pelo forzato, a essere sinceri, soprattutto se messo a confronto con i clean vocals. Come primo test è ok, ma per il full-length, ci aspettiamo qualche scrematura.

Daze Of June – Heart Of Silver
Gli ex Archives of Alaska (che forse hanno deciso di abbandonare questo nome considerando quanto la povera Alaska sia tra gli Stati più abusati dalle formazioni metalcore moderne), dopo il cambio del moniker hanno finalmente trovato l’assetto giusto per il debutto con questo “Heart Of Silver”. Il quartetto danese propone un metalcore onesto e pulitino, con un 50/50 tra melodie catchy e momenti prepotentemente heavy. Nulla di trascendentale, ma sicuro un ascolto gradevole per i fan del genere che hanno ancora fame.

Blessthefall – Hard Feelings
Diciamolo pure tranquillamente, ormai nel caso dei Blessthefall è più appropriato parlare di electrocore che di metalcore tout-court. Al sesto full-length i ragazzi dell’Arizona si presentano con un approccio molto più soft rispetto al passato (sarà anche la paternità del vocalist Beau Bokan, talmente innamorato della figlia da farla apparire in un featuring nella conclusiva “Welcome Home”) e decisamente al passo con i tempi (che non è sempre necessariamente un bene). Disco di passaggio o svolta definitiva? Staremo a vedere.