Tony Iommi e Glenn Hughes insieme, ancora una volta. Il risultato è scontato, un disco di hard rock micidiale con dei riff assassini e la voce di Hughes, come sempre, sopra le righe.
Questi personaggi sono come il vino buono, invecchiando migliorano. Purtroppo non è tutto oro ciò che luccica, il dramma dei maestri è il non sapersi rinnovare, il disco infatti è all’altezza delle (pur elevate) aspettative senza però superarle, Iommi suona esattamente come ci si aspetterebbe da lui, riff massicci, un suono grassissimo e pesante (grazie anche alla nuova chitarra ribassata di 8 toni) assoli dal retrogusto blues e dissonanze arpeggiate che spuntato qua e là ma senza osare qualcosa di nuovo, senza tirare in ballo quelle tendenze al jazz di cui spesso parla nelle interviste. D’altro canto, nemmeno Glenn Hughes sembra aver intenzione di uscire dal seminato “limitandosi” al ruolo di cantante hard rock con qualche tentazione verso il soul.
I brani intanto scorrono, si arriva alla fine del disco consapevoli di aver ascoltato qualcosa di notevole ma con l’impressione che, forse, si sarebbe potuto osare qualcosa in più, oppure siamo solo noi che non sappiamo accontentarci, a pensarci bene per tirar fuori un paio di quei riff, molti chitarristi venderebbero l’anima (e quella di madri, padri e congiunti vari) al diavolo…
S.D.N.