È uscito il 5 maggio 2015 “Abbi Cura di Te”, il secondo disco di Levante, anticipato dal singolo “Ciao per sempre”. Un disco che è un piccolo manuale alla felicità, il proseguo naturale del primo “Manuale distruzione”, che aveva portato la cantante a girare l’Italia in concerto per tutto il 2014. (Guarda le foto della tappa torinese del tour di “Manuale distruzione”)
Dopo un primo showcase di presentazione in cui l’artista ha raccontato la genesi del disco, abbiamo incontrato Levante a tu per tu per discutere sui punti di congiungimento tra il suo secondo album e il precedente.
Come definiresti il tuo disco “Abbi Cura di Te”?
Il mio abbecedario della felicità. Per arrivarci ho capito che c’è da pagare un prezzo e finché non l’hai pagato tutto, le cose continueranno a scivolarti dalle mani. Ho dovuto soffrire un po’ per essere felice.
“Abbi Cura di Te”, il brano, con quell’elettronica di sfondo sulle strofe, è il ponte con la Levante di “Manuale distruzione”?
“Abbi Cura di Te” è la prima pagina e l’ultima di due libri e sicuramente è un ponte a livello cronologico. Musicalmente non saprei dirti. L’elettronica è dovuta anche alla presenza di un nuovo personaggio nel team oltre a Bianco, Ale Bago. È un musicista che produce elettronica, per quanto sia anche un grande arrangiatore e produttore, e ha apportato qualche ricamino elettronico qua e là.
Nel primo disco si sentiva fortemente la presenza di tuo padre, qui compare quella di tua madre in “Finché morte non ci separi”.
C’è una donna – che non sono io – che canta. Forse la cosa più straordinaria che io abbia mai fatto nella vita è stata far entrare mia madre nel disco, è la cosa più eterna del mondo e ne vado molto fiera. Ho sempre raccontato di lui e di lei mai, ho voluto mostrare l’altra faccia della medaglia parlando di lei e della loro storia d’amore. Mia madre è super entusiasta di tutto e c’è stata parecchia commozione in studio. Io canto di questa ragazza di 16 anni che lega le lenzuola una ad una e si cala dalla finestra del primo piano, lasciando la finestra aperta e facendo venire la febbre a 40 alla zia in una Torino freddissima.
“Pose plastiche” (“Ho un problema con i party, mi divertono a tratti”) è il proseguo di “Alfonso”?
“Alfonso” è nata perché ho un problema con i party, però la festa narrata era un pretesto per dire che la mia vita faceva schifo e mi sentivo fuori luogo. “Pose plastiche” invece non ha metafore, parla davvero di una festa. In questi anni mi sono trovata in molte situazioni che non mi piacciono. Quando nel brano canto “celebrità in disgrazia dei preziosi anni ’90”, mi riferisco a uno sportivo che realmente ho visto durante uno di questi party. La cosa che mi spaventa di più di queste persone è che rimangono nello star system, arrampicandosi in qualsiasi modo pur di andare a lavorare.
Pensi che nella società odierna si è troppo di corsa per avere cura di sé e – di riflesso – per curarsi degli altri?
Esatto. Penso che in questo esatto momento storico, l’attenzione sia rivolta verso cose frivole, quindi più che non avere tempo è come se lo stessimo perdendo. Perdiamo tempo e non ci prendiamo cura di noi stessi. Sono sempre stata una persona considerata pesante dalle amiche, a scuola; non andavo in discoteca ma restavo in casa a suonare. Sono una ragazza che è cresciuta troppo in fretta perché ha perso il papà da piccola e quindi ho sempre avuto quella pesantezza ma lo vedo come un pregio, perché è un modo di guardarsi dentro e in profondità. A 27 anni ho avuto il coraggio di abbandonare quella frivolezza e ho deciso di essere felice perché la felicità esiste per tutti, dobbiamo solo cambiare atteggiamento nei confronti della vita. Dalla teoria ai fatti c’è di mezzo un mondo, me ne rendo conto, ma a volte è questione di sopravvivenza. Non amo sprecare un minuto della mia vita in modo sbagliato e credo sia dovuto al fatto che sin da piccola ho sempre convissuto con quel “oggi ci sei, domani non ci sarai”.
“Belle parole”, dirà qualcuno, ma ho scritto questo disco perché ho scelto di essere felice. Non voglio dare consigli, perché quando scrivo racconto della mia vita.