L’America e l’Europa, quella industriale, quella internazionale, quella del bel suono sintetizzato a dovere ma che non ha a che fare col dub o la dance. Un pop che vedrei bene addosso ad una Tori Amos, solo che questa volta la bellissima Amelie, milanese di adozione, lascia in sottofondo tracce italiane vivissime, sottili e mai eccessive. Il nuovo disco si intitola “Il profumo di un’era” e lei lo suonerà live all’EXPO di Milano il 7 Maggio 2015 per inaugurare il progetto “Startartist” al Padiglione Società Civile. Delicata e sensuale, Amelie è cantautrice di quell’Italia che non bada troppo alle sue tradizioni.
Un nuovo disco che segna un passaggio di qualità nella produzione e nella direzione artistica. Chi eri e chi sei diventata?
In passato ero sicuramente soprattutto una interprete. Oggi sono una cantautrice che desidera dire la sua. Negli ultimi due anni ho ripreso a suonare il pianoforte componendo così quasi tutte le musiche del disco, che quindi sento ancora più mio rispetto al precedente. Il sound ha influenze più variegate: c’è l’elettronica, ci sono sfumature rock, lati vintage e non solo uno stile prettamente pop. Anche le tematiche affrontate spaziano tra quelle sociali ed attuali e quelle più intime.
Amelie e Giovanni Rosina. Un timbro massiccio nella produzione. Com’è stato questo incontro professionale?
Io e Giovanni lavoriamo insieme ormai da anni, siamo compagni nel lavoro ma anche nella vita. Naturalmente il nostro incontro è avvenuto per mezzo della musica: ancor prima di produrre i miei dischi e di condividere la vita privata, abbiamo registrato e suonato insieme in diversi progetti. Giovanni è comunque un produttore e arrangiatore apprezzato da molti: ha la sensibilità di comprendere a pieno il mondo di un artista riuscendo così a creare vestiti perfetti su ogni pezzo al quale lavora.
Questo disco profuma di quel grande pop internazionale. Cos’hai preso dall’America e cosa dall’Italia?
Dall’America forse ho preso il desiderio di fare una attenta ricerca sul suono. In primis Michael Jackson per la sua versatilità nell’affrontare stili diversissimi. Amo anche le sonorità scure dei Depeche Mode e quelle ipnotiche dei Goldfrapp. Dall’Italia ho ereditato il desiderio di raccontare storie. Non amo particolarmente la classica tematica “storia d’amore”, preferisco scavare nell’intimo o nell’attualità utilizzando il lato sentimentale solo come pretesto per descrivere alcuni lati umani. Amo Battiato, i Baustelle, De Gregori, De Andrè, Ciampi ma anche Subsonica e i primi Bluvertigo. Per quanto riguarda il mondo pop italiano attuale invece non posso non confessare la mia unica stima per Elisa.
Dall’Amelie che avevamo lasciato qualche anno fa ci sembra sia arrivata maggiormente protagonista l’elettronica. Un cambiamento radicale o una scelta venuta con molta naturalezza?
Direi la seconda. Credo che sperimentare sui suoni elettronici ti faccia entrare in un mondo affascinante dove però c’è anche il rischio di perdersi. Per cui abbiamo voluto concentrarci su un impatto abbastanza minimal e su un gioco di contaminazioni con il rock e il pop stesso. Mischiare parti acustiche ad un mondo elettronico è una scelta che mi ha sempre incuriosito.
Sei di nuovo in tour ma immagino che tu abbia ristrutturato in qualche modo il suono di questo disco per ovvie ragioni tecniche. Che Amelie troviamo dal vivo?
A parte la prima presentazione ufficiale del disco (dove sono riuscita a riportare dal vivo il sound del cd grazie ad una band di sei elementi), al momento sto portando in giro la mia musica con un trio elettro-acustico con cui propongo il repertorio in modo più “asciutto”. Pertanto i brani vengono riproposti così come sono nati, messi a nudo nella loro anima più profonda.