Difficile suonare nu metal, quando la parola stessa non ha più valore nel panorama musicale odierno. Ormai il genere è invecchiato ed anche velocemente, e quel suffisso, “nu”, rimane ancorato solo ad un periodo di tempo, manciata di mesi, ormai abbandonati nel dimenticatoio del susseguirsi delle mode usa e getta. I Deftones in tutto questo si possono considerare dei passisti del genere. Hanno mantenuto una linea media nella loro produzione, sapendo variare e ritoccare alcuni loro lati. E questo, a conti fatti, nell’anno 2007 è una cosa positiva. Mentre in fatto di notorietà si sono visti superare via via da gente come Korn, Limp Bizkit o da meteore come Staind, Papa Roach, Lostprophet, poi hanno visto comunque passare lungo il fiume il cadavere di tutti questi.
All’Alcatraz di Milano vedere i Deftones è come vedere un concerto rock, compresa la gente che vuole saltare. Perlopiù vederlo all’Alcatraz vuol dire sentire un pastone musicale confuso dove non si distingue nulla, e non perché il gruppo voglia un muro di suono. Soprattutto svetta la voce di Chico Moreno. Appunto, come un concerto rock classico. Ci si stanca abbastanza ad ascoltare le tracce tutte uguali con musicalmente ripetitive, versi urlati e riff aggressivi. Ma fortunatamente i Deftones non sono solo questo, ma nella loro faretra hanno anche certe apprezzabilissime frecce che non sono altro che pezzi emozionanti e sentiti, più cadenzati, molto pieni di suoni, ma più dilatati e liquidi e con la voce capace di cambiare pelle e armonie con il suo tono suadente (come ad esempio “Minerva”).
L.F.