Mi capita spesso, prima dell’inizio di un live, di entrare in paranoia. L’artista sarà capace? Ci sarà gente? Funzionerà tutto? E via dicendo. Ieri sera, per il concerto di Levante all’Estragon di Bologna, queste mie paranoie erano moltiplicate per tre.
Primo, perché ho trovato il suo ultimo disco “Nel caos di stanze stupefacenti” un grande passo in avanti per lei e per il pop al femminile, e per questo motivo nutrivo grosse aspettative. Secondo, perché nell’ultimo periodo la cantautrice siciliana è stata al centro di accese critiche, prima rivolte alla copertina del progetto, una gamba nuda nel 2017 ancora stupisce, e poi alle sue doti canore. Una reazione a tutto ciò, positiva o negativa, la attendevo. Infine, perché per qualche congiunzione astrale che ancora non mi spiego, mi sento molto vicino alla storia personale di Levante: la Sicilia, Torino, le sfighe familiari, e in ultimo quei biglietti per viaggi illimitati che ti fanno salire gratis su ogni treno fino ai 26 anni. Insomma, doveva andare tutto per il verso giusto.
Fortunatamente, sono bastate due canzoni per togliere qualsiasi dubbio, far prendere bene e rendere partecipe il pubblico, venuto in massa nonostante il diluvio universale che ha colpito Bologna e già caricato a dovere da un ottimo Wrongonyou in apertura. Tutto è filato liscio.
Il “Nel caos tour” è un live rumoroso, con una scaletta ben strutturata e dei visual curati. Si parte subito forte con “Le mie mille me” e “Non me ne frega niente”. I due brani hanno avuto il compito di scaldare per bene l’ambiente, oltre a quello di mostrare un suono forte e marcato, dettato da una band che sa il fatto suo composta da basso, batteria, chitarre, tastiere e programmazioni.
Levante tiene davvero bene il palco e non ha bisogno di parlare molto tra un pezzo e l’altro. Quando lo fa però, specie nel momento acustico posto nella parte centrale, si emoziona. Piange. E qualche moscerino in sala, durante l’esecuzione de “La scatola blu”, deve essere entrato anche negli occhi dei tanti presenti, perché un buon numero di fazzoletti in giro si sono visti. La parte sinistra del cuore, invece, era già andata da un pezzo, anticipando di gran lunga le lacrime.
Terminato il momento acustico, in chiusura di concerto, spazio alla celebre e ancora attuale “Alfonso”, “Io ti maledico”, “Gesù Cristo sono io” e in ultimo “Caos”. Lo show, perché di show si è trattato, termina sottovoce. “Mi si legge in fronte il caos che ho dentro e si sente forte il caos che ho dentro”, è in questo modo che la cantautrice ha salutato il pubblico bolognese, prima di concedersi ai meritati e copiosi applausi. L’umanità di Levante non potrà andare a genio a tutti, la sua prolificità sui social, come Instagram, potrà far storcere il naso a molti, ma un concetto deve essere chiaro. Levante sa cantare, e sa stare su un palco, il resto sono chiacchiere. E se avete ancora dubbi, siete ancora in tempo per fare un salto nel suo Caos.
Fotografie a cura di Robin T Photography (Roberta Tagliaferri).